Il Codice degli Appalti e delle Concessioni, o meglio il “Codice dei contratti pubblici”, è la normativa che disciplina i rapporti tra la Pubblica Amministrazione e le società incaricate di svolgere determinate opere pubbliche. Venerdì 31 marzo è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.77 il decreto legislativo n. 36 del 31 marzo 2023 “Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici”, che è entrato in vigore il 1° aprile, ma i suoi effetti si produrranno a partire dal 1° luglio 2023. Il “vecchio” Codice degli Appalti, cioè il decreto legislativo 50/2016, resterà operativo in toto fino al 30 giugno 2023 per poi convivere col d.lgs. 36/2023 fino al 31/12/2023 e decadere completamente dal 1° gennaio 2024.
Quali saranno le principali novità del nuovo codice? Lo abbiamo chiesto all’avvocato Silvia Marzot, membro del Gruppo di Lavoro che ha contribuito alla stesura della nuova normativa.
Avvocato Marzot, come mai si è pensato di revisionare proprio il Codice degli Appalti?
Durante il Governo Draghi si era parlato dell’esigenza di revisionare il cosiddetto “vecchio” codice, il decreto legislativo 50/2016, ponendo le basi per una riforma fondamentale, nel rispetto degli impegni del PNRR e a beneficio del sistema non solo giuridico ma soprattutto economico e sociale del Paese. La stesura dello schema di codice è stata così affidata, a giugno del 2022, dal Presidente del Consiglio dei ministri al Consiglio di Stato che, in composizione aggregata con i vari Presidenti di Sezione, Consiglieri del Tribunale amministrativo regionale, della Corte di Cassazione, della Corte dei conti e Professori e Avvocati, ha provveduto alla redazione di uno schema preliminare di Codice degli Appalti. Questo schema è stato poi consegnato al Comitato Tecnico, di cui ho avuto l’onore di fare parte, istituito tra il Consiglio di Stato, il Presidente del Consiglio e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il quale ha provveduto ad elaborare alcune proposte emendative. Personalmente ho provveduto all’audizione di stakeholders del settore a Roma, ovvero con le varie strutture rappresentative del mondo dei lavori, dei servizi e delle forniture, al fine di acquisire e comprendere le criticità applicative del comparto e cercare di proporre linee di indirizzo normative per il loro superamento. A seguito di questi incontri ed approfondimenti, ho potuto formulare una serie di proposte emendative che ho avuto modo di far confluire anche nelle proposte di parere rese dalla VIII Commissione permanente della Camera dei deputati.
Quali sono le caratteristiche del nuovo Codice degli Appalti?
Il nuovo codice è sicuramente innovativo, per tanti motivi. In primo luogo, perché vengono introdotti, per la prima volta, in maniera fondamentale dei principi di carattere generale, con evidente connotazione deontologica non presenti né nel decreto legislativo 50/2016, né nel precedente codice, il decreto legislativo 163/2006. L’idea è stata quella non tanto di richiamare i principi generali dell’azione amministrativa già desumibili dalla Costituzione e dalla legge 241 del 1990, ma di fornire una più puntuale base normativa anche a una serie di principi “precettivi”, dotati di immediata valenza operativa. Tra questi, quello che io ritengo il più importante è il principio della fiducia, la quale non deve essere unilaterale o incondizionata, ma reciproca, investendo anche gli operatori economici che partecipano alle gare. Si inaugura quindi una nuova era; peraltro, proprio all’indomani della nota sentenza della Corte costituzionale, la numero 8 del 2022, che, a fronte dell’immobilismo e della burocrazia difensiva della Pubblica Amministrazione e della cosiddetta “paura della firma”, viste come fonte di inefficienza della medesima amministrazione, ha cercato di aprire le porte a questo principio, che oggi è stato finalmente consacrato nell’articolo 2 del nuovo Codice degli Appalti. Il principio della fiducia rappresenta pertanto uno dei cardini attorno al quale interpretare tutte le norme.
Lei di che cosa si è occupata nello specifico?
Personalmente mi sono occupata di una serie di proposte emendative che hanno riguardato, tra le varie norme, quella della revisione dei prezzi. Questo tema viene affrontato nell’articolo 60 del nuovo Codice degli Appalti, punto qualificante della riforma. Proprio perché uscivamo da un periodo pandemico e di grande difficoltà economica, la normativa emergenziale aveva già inserito una serie di meccanismi idonei a garantire la revisione dei prezzi. Oggi – a differenza del d.lgs. 50 del 2016 – è stato reso sistematico ed obbligatorio l’inserimento nei documenti di gara della clausola di revisione prezzi. Da un lato si è scelto un modello di indicizzazione, ispirato a quello esistente nell’ordinamento francese, allo scopo di facilitare e rendere più rapida l’applicazione della revisione. Dall’altro si è richiesto che, all’origine delle variazioni dei prezzi che renderanno in concreto attivabile il meccanismo della revisione, vi siano “particolari condizioni di natura oggettiva”. La norma prevede, infine, una variazione del prezzo ogni volta che si avrà una variazione del costo dell’opera, della fornitura o del servizio, in aumento o in diminuzione, superiore al 5 per cento dell’importo complessivo e nella misura dell’80 per cento della variazione stessa, in relazione alle prestazioni da eseguire. La norma prevede, poi, due categorie di indici Istat, una relativa ai contratti di lavori per i quali si prevede l’utilizzo degli indici sintetici di costo di costruzione; ed una relativa ai contratti di servizi e forniture per i quali si prevede l’utilizzo di indici dei prezzi al consumo, dei prezzi alla produzione dell’industria e dei servizi e gli indici delle retribuzioni contrattuali orarie, con riguardo ai contratti di servizi e forniture.
Perché è una materia importante sulla quale ha ritenuto necessario concentrare i suoi sforzi?
Per un motivo molto semplice: perché è doveroso mantenere un equilibrio contrattuale tra l’operatore economico e la stessa stazione appaltante. Mi spiego meglio: l’articolo 9 del nuovo Codice degli Appalti parla di conservazione del contratto. Quindi è chiaro che se un contratto viene affidato ad un operatore economico con dei prezzi che, medio tempore, sono divenuti eccessivamente bassi, essendo dei contratti di durata è necessario garantire un confronto e un dialogo continuativo tra l’operatore e la stazione appaltante per la gestione delle sopravvenienze perturbative dell’equilibrio contrattuale originario. La norma sancisce il diritto alla rinegoziazione della parte svantaggiata. Il che significa garantire anche la qualità del servizio o la bontà dell’opera, perché lavorare sottocosto non può produrre necessariamente dei buoni risultati. Si tratta di un rimedio innovativo che questo nuovo Codice degli Appalti pone in antitesi al rimedio demolitorio previsto nell’articolo 1467 cc, e che ritengo maggiormente conforme all’interesse dei contraenti. Ritengo che questa norma avrà un’operatività positiva e sarà a favore ovviamente della stazione appaltante, dell’operatore economico, e quindi anche di noi cittadini. Un’altra norma sulla quale mi sono soffermata riguarda il noto subappalto a cascata, previsto nell’art. 119, comma XVII.
Come si spiega che sia una questione piuttosto dibattuta, anche dai giornali?
Posso capire le criticità, però non dobbiamo dimenticare che l’Italia si deve adeguare a quelli che sono i principi eurounitari. Il tema del subappalto a cascata si adegua, quindi, ai rilievi formulati dalla Corte di Giustizia e dalla Commissione UE, tenuto conto che, a fronte del divieto dell’attuale comma 19 dell’art. 105 del subappalto a cascata del d.lgs. 50 del 2016, questo è stato oggetto di contestazione da parte della Commissione UE nell’ambito della procedura di infrazione a carico dell’Italia n. 2018/2273.
Quali sono, secondo lei, le opportunità offerte dal subappalto a cascata?
Ritengo che non si debba vedere nel subappalto a cascata necessariamente un’impresa criminogena. Anzi, dobbiamo avere uno sguardo di fiducia, e pensare a questo nuovo istituto come ad un’opportunità per valorizzare anche le aziende locali. Dal mio punto di vista può essere veramente un’occasione di svolta anche per l’Italia. Tra l’altro deve essere valorizzato il fatto che la norma consente comunque alla SA di indicare, nei documenti di gara, le prestazioni o lavorazioni che, pur subappaltabili, non possono formare oggetto di ulteriore subappalto, in ragione delle caratteristiche dell’appalto e dell’esigenza di rafforzare il controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro o di garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori oppure di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali. Infine, la norma non deve essere letta solo nella staticità dell’articolo 119, ma deve essere collegata all’articolo 11 dello stesso codice, che afferma che anche nel subappalto (quindi anche nel subappalto a cascata) devono essere garantite le medesime tutele normative ed economiche, nonché le stesse regole per la sicurezza sul luogo di lavoro dell’operatore principale. Se da un lato si introduce una novità sulla quale ci sono forti forme di scetticismo, dall’altro il codice ha cercato di introdurre delle valide forme di tutela.
Cosa ci può dire, invece, della norma di aggiudicazione degli appalti?
Il criterio di aggiudicazione degli appalti è contenuto e disciplinato nel nuovo articolo 108, basato sulla regola generale (e in alcuni casi obbligatoria) del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ovvero dell’offerta del prezzo più basso in casi tassativamente indicati. Su questo punto devo ringraziare il presidente Claudio Pozzi, con il quale mi sono confrontata in più occasioni, affinché la stazione appaltante stabilisse un tetto massimo per il punteggio economico entro il limite del 30 per cento (regola del 70/30), in quanto nella prima stesura del codice non veniva riproposta. In sede emendativa, personalmente, ho cercato di valorizzare gli elementi qualitativi dell’offerta e di individuare criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici, attraverso, appunto, l’individuazione di un tetto massimo al punteggio economico, al fine di evitare il rischio che le stazioni appaltanti trasformassero il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa in quello di un massimo ribasso “mascherato”, attribuendo rilevanza determinante alla componente prezzo. Nello specifico, proprio con riferimento ai servizi sociali e ai servizi ad alta intensità di manodopera, ho ritenuto condivisibile l’idea, proposta anche dal Presidente Claudio Pozzi, ai fini dell’attribuzione del punteggio alla componente prezzo, di applicare la formula bilineare e le formule non lineari con α < 1, per evitare il rischio di attribuire differenze di punteggio elevate anche a fronte di minimi scostamenti di prezzo e di incentivare ribassi “eccessivi”. Sotto questo profilo, la proposta non è stata accolta. Il nuovo art. 108, quindi, ha soppresso la regola del 70%-30% stante l’assenza di un vincolo analogo in sede europea, ma l’ha mantenuta per i servizi ad alta intensità di manodopera. È prevalsa, dunque, la volontà di rimettere alle stazioni appaltanti la scelta di quanto incida l’aspetto tecnico e quello economico, svincolandole da soluzioni precostituite, in quanto tali necessariamente astratte e perché si è ritenuto che la stessa regola contenesse degli elementi critici e distorsivi del mercato. La stazione appaltante, pertanto, valutando il singolo appalto, potrà modulare questa percentuale, portarla al 20%, al 10%, al 30% o al 50% e 50%, adeguando il peso delle due componenti (prezzo e qualità) alle effettive caratteristiche dello specifico appalto. Anche in una prospettiva comparatistica si è rilevato che non è prevista una ponderazione vincolata di tipo generalizzato (Svezia, Germania, Danimarca, Austria e Irlanda) e in due ordinamenti sono previsti dei vincoli legati ma solo per specifiche tipologie di appalto (Grecia e Spagna).
Quali sono gli obiettivi della norma che regola l’appalto sottosoglia?
L’art. 50, norma molto discussa del codice, disciplina le procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea riprendendo nella sostanza, con alcune modifiche lessicali e alcune puntualizzazioni contenutistiche innovative, il testo dell’art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 76 del 2020. La norma introduce una sorta di “liberalizzazione” degli appalti, in coerenza con i principi dell’Unione Europea. Anche in questo caso si afferma che la stazione appaltante ha la possibilità di procedere o all’affidamento diretto di un appalto di lavori o di servizi, oppure ad una procedura negoziata senza bando. L’affidamento diretto è previsto per lavori d’importo inferiore a 150 mila euro e per servizi e forniture d’importo inferiore a 140 mila euro, anche senza la consultazione di più operatori economici. La procedura negoziata senza bando è, invece, prevista con la consultazione di 5 operatori economici per i lavori compresi tra i 150 mila euro e un milione di euro e di 10 operatori economici per i lavori compresi tra un milione di euro e 5 milioni di euro. Per l’affidamento di servizi o forniture è, invece, necessaria la consultazione di almeno 5 operatori economici individuati in base ad indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, di importo pari o superiore a 140.000 euro e fino alle soglie di cui all’articolo 14. Ciò significa, per esempio, che il Comune di Bologna può affidare direttamente un servizio o un lavoro ad un’azienda, rientrando nei limiti di importo indicati dalla norma, purché essa abbia determinate e documentate esperienze pregresse idonee alla esecuzione di quella prestazione contrattuale. Ora, è chiaro che dovremo vedere effettivamente come questo principio di esperienza pregressa idonea possa essere eventualmente valorizzato, ma ritengo che possa essere un modo per velocizzare l’affidamento di questi tipi di lavori. L’operatività dell’appalto sottosoglia è sicuramente ampia e fa comunque salva l’autonomia delle stazioni appaltanti di affidare i lavori facendo riferimento alle procedure di gara ordinarie. L’articolo 50 va a recepire quella che è stata sostanzialmente la normativa emergenziale: non dobbiamo dimenticare che durante il Governo Conte e il Governo Draghi erano già state valorizzate le procedure di affidamento diretto e senza bando. Tenuto conto della situazione nella quale ci troviamo oggi, quella che prima era una norma emergenziale è diventata una regola. Ma c’è un altro aspetto che deve essere sottolineato con favore, secondo il mio punto di vista: gli elenchi e le indagini di mercato devono essere gestiti secondo dei criteri specifici che sono espressamente individuati negli allegati del codice, in particolare nell’allegato II.1. e II.2. Il codice è infatti formato da un corpus normativo principale, cui si affiancano questi allegati che hanno immediata portata precettiva. Vedremo anche questo appalto sottosoglia che impatto avrà nella nostra economia e quali potranno essere le criticità.
Un altro aspetto importante del nuovo Codice degli Appalti è quello del soccorso istruttorio. Lei che cosa ne pensa?
L’articolo 101 del nuovo Codice degli Appalti va sostanzialmente a rendere sistematico ed organico un tema molto noto che aveva impegnato i giudici del TAR e del Consiglio di Stato sul cosiddetto soccorso istruttorio. Molto spesso si era verificato che degli operatori economici venissero esclusi o perché non avevano posto la firma o perché avevano dimenticato un determinato documento. La norma, in aderenza con le indicazioni della direttiva, oltre alla logica semplificatoria, tende ad evitare nel rispetto del principio della par condicio, che lo svolgimento della procedura di gara sia condizionato da eccessivo formalismo, che può pregiudicare la qualità dell’offerta e il pieno raggiungimento dell’obiettivo perseguito dalla stazione appaltante con la procedura di gara. È quindi possibile integrare o addirittura sanare determinate omissioni, inesattezze o irregolarità, fatta eccezione per l’offerta tecnica e l’offerta economica, in quanto oggetto di valutazione della commissione, e quindi di fatto immodificabili. Chiave interpretativa della norma è la leale collaborazione delle parti, ispirata alla fiducia nell’attività dell’amministrazione e alla responsabilità dell’operatore economico, secondo i noti principi di buona fede. L’aspetto più innovativo è contenuto nel IV comma dell’articolo 101: per la prima volta si prevede per l’operatore economico di emendare un proprio errore materiale in cui sia incorso nella elaborazione dell’offerta prima che la stessa sia esaminata e, in particolare, fino al giorno fissato per l’apertura delle buste contenenti l’offerta: ad esempio nel caso non infrequente di una incongruenza tra importi unitari e importo complessivo dell’offerta economica. Penso che anche questo sia un principio assolutamente innovativo, che sicuramente sarà apprezzato dagli operatori economici.
Come giudicherebbe, nel complesso, il nuovo Codice degli Appalti?
Ritengo che il nuovo Codice degli Appalti inserisca degli istituti estremamente innovativi, che avranno necessità di essere recepiti sia da parte delle stazioni appaltanti, sia da parte degli operatori economici. L’obiettivo è ambizioso ed è quello di rendere più rapide e veloci quelle che sono le procedure di gara. Credo che l’Italia sarà pronta a recepire il codice nella maniera più corretta e consona: attendiamo fiduciosi gli esiti.